The origin of the species

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L'origine delle specie_da Charles Darwin

Dittico sulla specie (parte 2)

You couldn’t attend the Big Bang without dying. You couldn’t observe a supernova, nor could you explore the primordial soup without dying. In the spatial temporal continuum, the circumstances of your birth match with those of your death. Since our appearance, we haven’t got stuck on all fours, we haven’t got stuck to the earth, we haven’t got stuck in our planet but the origin of things happened beyond our control. We are left to colonise the future. Science and imagination. Never-ending adaptation to the changing habitat. You might have been born during the plague. You might have never been born. You might have been born in a thousand years. You might be reborn as a panda. Extinction is collective. Origin is individual, gamble of probabilities and unique and unrepeatable. We all have a biological clock, we all go by our time. Amen.

Credits

collective creation Sotterraneo
on stage Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Claudio Cirri
dramaturgy and adaptation Daniele Villa

light design Roberto Cafaggini
sound design Francesco Canavese
costumes Lydia Sonderegger
video animation Marco Smacchia, Alberto Berliocchi
video supervising Jacopo Mariani
masks Francesco Givone e Crea Fx
graphics and drawing Marco Smacchia

production Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Sotterraneo
with the support of Centrale Fies/Fies Factory One e Regione Toscana

PRESS REVIEW

«What strikes is the confidence of Daniele Villa and the three actors in dealing with a topic already explored, never suggesting the idea of repeating themselves, but revealing an unusual capacity of digging in, going deeper and deeper».

Renato Palazzi da “Il sole 24 ore” e da www.delteatro.it


«Teatro Sotterraneo turns The Origin of the Species by Darwin into a show made of smartness and new current formats based on a scientific rule book, video game based on the creation and distribution of an ecosystem, poetics of natural selection».

Rodolfo Di Giammarco da La Repubblica

 

«Teatro Sotterraneo’s stage language is excessively clear, intentionally ironic, but extremely serious».

Rodolfo Sacchettini, Hystrio

 

Evoluzione o morte. Darwin e il Teatro Sotterraneo
«Adattarsi all’ambiente simbolico. È l’imperativo per non morire, anzi per non estinguersi, esposto in una delle scene chiave del nuovo spettacolo di Teatro Sotterraneo dal titolo L’origine delle specie _ da Charles Darwin – che con il precedente Dies Irae forma un “Dittico sulla specie” – di recente in scena al Fabbricane di Prato. A spiegarlo ad uno sconsolato ultimo Panda sulla faccia della terra (che, proprio per questa sua condizione, cerca la morte) è niente meno che Mickey Mouse, Topolino, che fa vedere come la sua figura di topo dal 1928 a oggi si sia modificata, andando ad assomigliare sempre di più a un bambino umano. «Evolviti!» è l’imperativo di Mickey Mouse, e con lui quello del mondo circostante a cui tutti sembriamo aderire: individui, gruppi sociali, partiti politici, occupati in questi tempi di confusione e atrofia della capacità di immaginare altri mondi possibili a replicare se stessi nella versione più socialmente accettabile. È questa la potente metafora di uno spettacolo che ruota ironicamente attorno alla figura di Darwin e alla sua proiezione nel presente. Tra scene asettiche di dottori in camice e proiezioni computerizzate dell’evoluzione del mondo dalle eruzioni primordiali alle città contemporanee (prese dai videogiochi di fondazione modello Sin City, dove chiunque può giocare ad essere Dio), Darwin viene apostrofato da filosofie, religioni e ideologie a seconda delle rispettive necessità. Hitler, Marx, Freud, Mendel, il Dalai Lama, e persino un pretestuoso Super Mario che dalla prospettiva dell’immaginario collettivo contesta i limiti della biologia reale – il tutto interpretato da due performer che indossano di volta in volta delle magliette con una scritta identificativa – tutti tirano la giacca di Darwin ringraziandolo o contestandolo, fino alla finale e riconciliativa foto che Wojtyla si fa fare con lui… Ma fatta la tara dell’ironia, cifra abituale degli spettacoli del Teatro Sotterraneo, ciò che ne esce è un panorama da umanità sull’orlo del collasso, dove il picco dell’evoluzione coincide con il picco dell’adattamento ma anche dello snaturamento della specie; un affresco che per certi versi ricorda una visione da romanzo di Houellebecq, ma fortemente depurata della riflessione che lo scrittore francese fa sulla decadenza del tempo presente. Il collasso di cui parla L’origine delle specie – realizzato da Sara Bonaventura, Iacopo Braca e Claudio Cirri in scena, Daniele Villa ai testi – è piuttosto connaturato alla teoria dei sistemi complessi, dove a un massimo di complessità si accompagna un minor margine di errore che però, quando si verifica, assume le proporzioni del disastro. È la parabola del treno in corsa che nessuno sa più fermare –come ne «La freccia gialla» di Viktor Pelevin, dove col passare del tempo neppure ci si ricorda di essere su un treno lanciato a tutta velocità verso la rovina – ma senza toni apocalittici. La prospettiva è accanto a noi, consustanziale al nostro presente, e forse si può attivare all’improvviso con un semplice comando, come l’opzione del videogioco che, con un singolo colpo di mouse, permette di distruggere l’intera città».

Graziano Graziani da “Carta” n. 13

«Da qualche anno si è affacciato alla scena italiana, tra gli altri, un giovane gruppo teatrale fiorentino che si distingue nell’applicare un metodo di creazione collettiva e nel presentarsi allo spettatore con una particolare sfrontatezza scenica. […] E che i loro lavori siano frutto di una visione non unitaria né lineare lo si evince facilmente dal contraddittorio interno che, con linguaggi semplici(ovvero complessi e filtrati) e con una sapiente manipolazione di ritmi e azioni, si produce a ogni scena. È questo forse uno degli aspetti più attraenti dei loro lavori, dove ognuno può ritrovarsi, in un angolino, a braccetto con i paradossi della propria dote genetica e di quella acquisita (ovvero fatta ad arte). Essere spettatori di Teatro Sotterraneo è come essere colti in castagna, e non dalla presa scivolosa di un cabarettista che ci imita nella verità finta del suo esaltato studio televisivo, bensì dalla finzione vera di un patto teatrale senza belletti. […] Il gruppo ottiene spostamenti di senso che associano alla logica dell’assurdo l’assurdità della ragionevolezza, che percorrono quel tunnel di “banalità ininterrotta” e “terrore inconcepibile” in cui non da ieri ci ha scorto Susan Sontag; e pone lo spettatore, attraverso un presunto coinvolgimento nell’azione drammaturgica, al suo posto passivo di spettatore del proprio stesso disastro. Tutto è dichiarato e niente è detto, tutto è detto ma in forma di pochissime parole, spesso brevi dialoghi colloquiali, quasi sempre cose di poca importanza, come noi, in un contesto, il teatro, speciale nel rendere unica l’importanza di ogni cosa. Alcuni detrattori gridano “alla televisione”, come un mercante derubato griderebbe “al ladro”, forse per l’effetto che fa il ritrovare quel ridere del quale il mondo della comunicazione si è appropriato e che quindi oggi riconosciamo come inquinamento. E invece è proprio nell’accogliere il ridicolo del luogo comune che questo gruppo affronta in qualche termine, e pur con esiti diseguali, la spudoratezza e l’imbarazzo come terreno creativo. Il pubblico teatrale più avveduto può ricondurre alcune dinamiche di minimalismo spiazzante a certi lavori di un altro collettivo teatrale fiorentino che li precede anagraficamente di qualche anno (Kinkaleri), ma ciò che differenzia questo nuovo ensamble è il tentativo di ricondurre alla forma propria del teatro alcune di quelle sperimentazioni che gli altri hanno invece spinto sempre più radicalmente verso la performance; e lo fa, il Sotterraneo, non senza accollarsi i rischi che la forma chiusa comporta quando si tolgono le redini alla banalità e al suo far male. Non è un caso se ricorre, nei lavori del gruppo, l’uso di un palese e irrevocabile conteggio del tempo, quasi a scandire con un metronomo l’incombente fallimento dell’arte e dei suoi artefici».

Cristina Ventrucci, “Lo Straniero” 

«Teatro Sotterraneo si sta progressivamente confermando una delle realtà più solide […]. La scrittura di Daniele Villa risale dalla “fine della specie” ai suoi inizi, chiamando a testimoniare Charles Darwin, secondo quella cifra di informale immediatezza che è propria del gruppo. […] Quel che caratterizza il lavoro di Teatro Sotterraneo non è forse una scherzosa ironia, come qualcuno vorrebbe, troppo facile da agire, ma la dismisura. Cioè la distanza che mettono fra l’azione e la sua significazione. Li abbiamo conosciuti che correvano in tondo in questa sala (La Cosa 1), oggi ci dicono di un disagio più difficile da rimuovere delle paure sulla fine dell’umanità».

Gianni Manzella, “Il Manifesto”

«I tre attori, nei loro camici bianchi, sono scienziati del nostro tempo malandato. Analizzano la specie, scompongono il pensiero di Darwin, usando i canali tipici della nostra generazione (il videogame, la t-shirt, il video). Diventano scimmie evocative che scalciano e si dimenano. Scimmie da laboratorio, scimmie da teatro atavico. In un finale dove la terra viene versata per professarvi un ritorno, il sogno svanisce subito quando entrano ed escono in processione prima un astronauta, simbolo di progresso ma forse anche di incubo futuro, e poi l’incubo certo di un soldato da guerra atomica, triste presagio e passato non remoto. È una trovata continua questoL’origine della specie: ti aspetti interpretazione e ritrovi la vivisezione di un cactus. L’analisi del vegetale. Ti aspetti la messa in scena e ritrovi un videogame. È un teatro iconoclasta, che piace alla critica ma appassiona anche il pubblico. Gremito, infatti, il Teatro Fabbricone di Prato […]. Sfacciati e sicuri di sé, i quattro giovani moschettieri Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Claudio Cirri e Daniele Villa (i primi tre a lottare sulla scena, l’ultimo in regia in veste di dramaturg) hanno vinto la loro sfida con Darwin […]. Il loro tocco leggero addolcisce i profondi messaggi che scaturiscono da uno spettacolo dove un realismo pessimista si confonde col gioco. Non è poco, basterà ad aumentare di un briciolo la speranza».

Simone Pacini, www.klpteatro.it

«L’origine delle specie è uno spettacolo estremamente creativo e ritmato, che sa attanagliare alla scena con pochi e semplici mezzi. Si parte dal Big Bang per parlare poi della nascita dell’uomo e persino di Adamo ed Eva. Il Sotterraneo recita sempre con estremo distacco: in scena vediamo tre ragazzi che giocano a interpretare ora una scimmia, ora Charles Darwin, ora altri innumerevoli personaggi. […] E così anche un’opera scientifica può essere rappresentata con ironia e leggerezza, pur toccando anche temi scottanti come l’eutanasia, e persono la distruzione totale del creato».

Gherardo Vitali Rosati, Il Corriere Fiorentino

«La Terra, l’unico corpo planetario del sistema solare adatto a sostenere la vita, vacilla. Lo dicono media, profezie e tesi catastrofiste. Lo lasciano intendere le relazioni della Commissione Europea e l’attenzione che viene posta al problema dell’ambiente. Ma non solo. Vi sono stragi, devastazioni, uomini che uccidono altri uomini. Vi sono correnti scientifiche, artistiche e filosofiche che hanno posto al centro delle loro riflessioni l’involuzione dell’uomo. In fondo lo stesso naturalista Charles Darwin parlava di una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie. In un percorso a ritroso, dalla fine all’origine, Teatro Sotterraneo si confronta con il trattato darwiniano, ponendo l’attenzione sulla finitezza dell’uomo e, di rimbalzo, sulla società contemporanea.
Il dittico creato dalla compagnia, a partire da
Dies Irae _ 5 episodi intorno alla fine della specie e conclusosi con L’origine della specie, lancia l’ennesima sfida allo spettatore e alla sua libertà interpretativa, approfondendo ulteriormente la ricerca perseguita dal collettivo nella sfera della ricezione. L’opera di Darwin viene riletta, elaborata e ricontestualizzata dalla drammaturgia originale di Daniele Villa con uno slittamento temporale che catapulta lo stesso Darwin nella nostra epoca. Il lavoro, coprodotto dallo Stabile della Toscana, prende avvio da una simulazione, da una riproposizione dell’accaduto sulla quale si era già soffermata la compagnia con Dies irae e in cui la storiografia veniva esplicata nella sua fallacia e parzialità. Ciò che diede inizio all’Universo, il Big Bang, non viene rappresentato nell’illusoria prima esplosione, bensì l’accaduto è ricercato e ricreato in laboratorio da un gruppo di scienziati. Tramite l’ausilio di proiezioni e altre tecnologie, come quella di un programma informatico che adotta il meccanismo dei videogiochi, Sara Bonaventura, Iacopo Braca e Claudio Cirri procedono alla creazione della Terra. Dapprima viene introdotta la specie vegetale, poi animale, via via fino all’intelligente e curiosa apparizione dell’uomo in cui creazionismo ed evoluzionismo si incontrano e sembrano sopravvivere entrambe allo scontro. Adamo ed Eva attraversano l’evoluzione dell’uomo, dalla scimmia all’homo erectus, fino alla conoscenza e all’uso del linguaggio. I presupposti fondamentali della teoria evoluzionistica si susseguono. La mutazione e la selezione si sviluppano nella figura di un panda, un enorme peluche. L’ultimo Panda sulla Terra, vittima impotente della selezione, vuole porre fine alla sua vita. A dissuaderlo da questo suicidio, giunge Mickey Mouse mostrandogli come lui si sia adattato alla selezione naturale modificando il suo aspetto con il passare del tempo. In questa divertente ma acuta lettura dell’umanità, la figura di Darwin approda in scena con la sua barba bianca, in un’iconografia riconoscibile e popolare. Come figura mistica la sua presenza si limita all’apparizione, nessuna parola gli è concessa, solo un confronto con altre figure di epoche successive che hanno convissuto e si sono scontrate con le sue teorie come Marx, Hitler, Papa Wojtyla o Andy Warhol. Esposto tutto questo si può procedere alla distruzione della Terra, una fine che con coerenza drammaturgica e storica viene determinata dall’uomo, dalla sua presa di coscienza che la vita non può essere eterna. Gli scheletri umani vengono sostituiti da altre forme di vita e che queste siano aliene o meno, l’evoluzione continua.
Anche se sono stati sperimentati nuovi linguaggi […], la visione de
L’origine della specie è un’immersione totale nella poetica di Teatro Sotterraneo. L’importante incontro con la “stabilità” teatrale sembra avere trattenuto parte dell’ironia caratteristica del gruppo ma la scena è stata comunque invasa dalla loro energia. Riproduzione, mutazione e selezione delle componenti artistiche di Teatro Sotterraneo».

Elena Conti da www.iltamburodikattrin.com

«L’origine delle specie, ultima fatica del collettivo Sotterraneo, seconda parte del ‘Dittico sulla Specie’, segna un momento di maturazione e di definitivo consolidamento della compagnia toscana. Il Teatro Sotterrano, che quest’anno ha vinto l’UBU e il Premio Hystrio, è una delle realtà più stimolanti e interessanti del panorama teatrale contemporaneo italiano. Il loro è un linguaggio immediato, efficace, che coniuga sapientemente profondità e ironia. In questo nuovo lavoro individuiamo uno dei loro tratti distintivi: l’esemplificazione scenica, l’allestimento è volutamente scarno, minimalista, la scena è dominata da un maxi-schermo e da un cronometro che scandisce lo scorrere del tempo (lo stesso che ritroviamo in Dies irae). Il loro è uno stile spoglio, privo di intenti rappresentativi, il loro obbiettivo non è rappresentare, quanto piuttosto evocare. Trovo interessante come in questo nuovo lavoro siano riusciti a evitare il rischio di ripetersi, riuscendo a rinnovarsi e a reinventarsi, senza snaturarsi: un’insolita e rara capacità di indagine, gli permette di scavare, approfondire, sviscerare le tematiche, per poi andare avanti, oltre.L’origine delle specie compie un percorso inverso rispetto a quello fatto in Dies irae: si procede dalla fine all’inizio. Lo spettacolo è una riflessione ironica e dissacrante sul concetto di specie, nelle sue molteplici declinazioni, animale, umana, vegetale, e sulla sopravvivenza: assistiamo al crudele e insindacabile ciclo dell’esistenza che nasce, si sviluppa, si evolve ed è destinato a estinguersi. Ripercorriamo la nostra storia collettiva, il nostro passato, dal brodo primordiale al definitivo spopolamento del pianeta, in chiave “sotterranea”: è il singolare rapporto tra il Teatro Sotterraneo e il padre dell’Evoluzionismo, Darwin. In questo secondo episodio del dittico possiamo notare la maggior articolazione espressiva messa in atto dal collettivo e l’avvalersi di una molteplicità di linguaggi diversi: dallo stile “videogame”, all’uso delle maschere, fino ad arrivare a una sorta di abbozzo di personaggi; l’intero lavoro è caratterizzato da un tono scanzonato, ma beffardo, “sbeffeggiante”, a cui ci hanno abituato i sotterranei. Il sorriso del Sotterraneo non è mai innocente e privo di implicazioni, nasconde sempre una ferocia e un crudele cinismo e disincanto. Sfacciati senza essere eccessivi, sicuri di sé senza essere presuntuosi, i Sotterranei hanno decisamente vinto la loro personale sfida con Darwin. Colpisce l’assoluta sicurezza del dramaturg, Daniele Villa e l’estrema padronanza della scena dei 3 attori, Iacopo Braca, Claudio Cirri e Sara Bonaventura, unico assente in questo ultimo lavoro il 5° sotterraneo, Matteo Ceccarelli: in scena si è avvertita la sua mancanza, sebbene questo non ha compromesso lo spettacolo che risulta essere organico ed efficace, funzionale ed equilibrato, di ampio respiro. Ciò che rende il lavoro del Sotterraneo unico e originale è la loro innata capacità di saper porre le domande giuste, piuttosto che dare risposte: il dubbio è sintomo d’intelligenza, più che la fede e la fiducia sconfinata».

Valentina Scossa, teatro.org

«L’ultimo panda sulla terra si estingue perché morire, lui, lo vuole. È un panda sciolto dalla tristezza, ancora più triste in quel corpo di peluche gigante che a farci ridere proprio non ci riesce e ci riempie invece di tenerezza, che si stende sul lettino della scienza e aspetta l’iniezione letale. Si può scegliere il momento dell’estinzione? C’è spazio per il libero arbitrio nei percorsi della natura? Può darsi. Dipende. Il ghepardo sbrana la gazzella, è ovvio; ma un topo può trasformasi in Mickey Mouse, perché si è “adattato all’ ambiente simbolico”. E allora i mille pensieri di Darwin sulla evoluzione della specie possono prendere percorsi imprevisti. […] In principio era il Verbo, per alcuni. Per i Sotterraneo di Darwin (Sara Bonaventura, Iacopo Braca e Claudio Cirri in scena, Daniele Villa alla scrittura), a mangiare la mela è una scimmia, che appunto con mille passaggi di scimmia riesce a diventare uomo e a costruire un linguaggio. Un linguaggio che serve anche a ricordare, ci segnalano dal palcoscenico, che “umano” può anche significare “essere buono”. In principio era il Verbo o era la scimmia. Il principio per l’uomo era il logos, il linguaggio, il Verbo. Va bene, il Verbo. E allora, a cosa è servito il linguaggio, origine dell’essere umano in quanto tale? A creare le distanze tra la nebulosa del sapere e le sue definizioni. A dare un contorno alle cose. A incasellare i fatti e i pensieri in un luogo “altro”, lontano dal me. A provare a dominarli. “Se lo conosci, lo eviti”. E infatti, le rappresentazioni umane di Teatro Sotterraneo in questo Origine delle Specie sono lucide, asettiche. In scena ci sono gli “scienziati”. Ci sono gli “esecutori” del sapere. Ci sono i boia. Ci sono i consapevolmente informati e pertanto non intaccati, pronti a tutto. Anche a estinguersi, se solo se ne rendessero conto. Perché le città sono un giochetto al computer che, dallo schermo sullo sfondo, crescono a poco a poco in un amalgama in cui i luoghi della natura e dell’uomo si sovrappongono. Ma la natura ha il timer: e la città può scomparire da un momento all’alto. Basta un’onda. Basta un vulcano. Nonostante rifuggano gli -ismi, i messaggi, i Sotterraneo firmano conL’Origine delle Specie uno spettacolo quasi quasi ecologista. Uno spettacolo in cui al pubblico è lasciata sì una buona dose di straniamento e di problematicità interrogativa – stile distintivo della compagnia fiorentina – ma che questa volta, rispetto alle altre produzioni spiega e mostra, e quindi decide. Senza bandiere ideologiche – anzi: è esilarante ad esempio la carrellata di personaggi storici che si beffano di Darwin: come il Dalai Lama, che “tanto si reincarna” […]. Ci parlano dell’origine per parlare della fine. Per dirci che tutto, nei processi della natura, ha un termine; e che quel termine che non possiamo controllare va però tenuto presente nel nostro qui e ora. Perché “l’ecosistema terrestre sopravviverebbe alla scomparsa di homo sapiens. Charles Darwin non ha mai escluso questa ipotesi”».

Marianna Sassano, nonsolocinema.com

VIDEO CONTENT

L’origine delle specie

GALLERY

ph. © Laura Arlotti

TOURING

2010

Teatro Fabbricone – Prato (Prima assoluta)
Festival drodesera – Dro
Festival internazionale di Andria Castel dei Mondi – Andria
Prospettiva 2/Teatro Stabile – Torino

2011

Fondazione Toscana Spettacolo/Teatro degli Industri – Grosseto
Fondazione Toscana Spettacolo/Teatro Eduardo De Filippo – Cecina
Fondazione Toscana Spettacolo/Teatro Comunale Niccolini – San Casciano Val di Pesa
Teatro delle Briciole/Teatro al Parco – Parma
Tam/Teatro delle Maddalene – Padova
Festival Short Theatre – Roma
Teatro Na Strastnom – Mosca
Pianeta Galileo/Nuova Sala Garibaldi – Carrara

2012

Ipercorpo – Forlì
Auditorium Dialma Ruggiero – La Spezia

2013

Teatro alla Cartiera – Rovereto

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